Intervista di Eleonora Fortunato su “Orizzonte Scuola”.
È di qualche giorno fa l'appello
dei comitati dei genitori di Modena, rivolto ai Consigli di Classe dei bienni
di scuola superiore, a essere meno drastici nelle bocciature. “Nei prossimi
giorni sarete chiamati al difficile e delicato compito di valutare i nostri
ragazzi e di decidere sul loro futuro”, scrivono i genitori, che nel
prosieguo della loro missiva alludono anche alla discrepanza con i voti alti
ricevuti alla fine del primo ciclo. Incuriositi da questa presa di posizione,
abbiamo sollecitato le riflessioni di Andrea Ragazzini del Gruppo di Firenze, i
cui membri sono impegnati da anni per il riconoscimento del merito e della
responsabilità nella scuola.
Prof.
Ragazzini, secondo lei è giusto impostare la discussione così come fanno i
genitori modenesi? Ci sarebbe un’ipotetica supervalutazione degli alunni nella
scuola media che poi si scontra con l’eccessivo rigore dei prof del primo anno
delle superiori?
“Non posso che
dare un giudizio molto negativo di questo appello, che purtroppo conferma come
ormai non pochi genitori concepiscano il rapporto con la scuola e con gli
insegnanti in una logica di tipo sindacale, fatto di continue rivendicazioni,
di disinvolte e talvolta minacciose incursioni nella sfera di competenza
dei docenti, di indebite pressioni. Mi riesce difficile valutare diversamente
una lettera del genere pubblicata la vigilia degli scrutini.I genitori
modenesi si presentano come interlocutori dialoganti, ma si guardano bene dal
chiedersi se anche loro hanno qualcosa da rimproverarsi. Si legge nella
lettera: “Diciamolo, c’è qualcosa che non va. Non nei ragazzi, non nelle loro
famiglie, ma nel funzionamento della scuola italiana”. A sostegno di
questa perentoria affermazione non c’è un solo elemento di analisi e
soprattutto manca la consapevolezza che se dirigenti e insegnanti hanno
una preponderante responsabilità nel far funzionare la scuola, anche gli
studenti e le loro famiglie sono chiamati a fare la loro parte, che non è solo
rivendicazione di diritti. In proposito consiglio a questi genitori come
lettura estiva lo splendido discorso che nel 2009 Barack Obama rivolse agli
studenti americani all’inizio dell’anno scolastico. Cito solo una frase così
come è stata riportata dai quotidiani: “....noi possiamo avere gli insegnanti
più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla
basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste
scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai
genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria
per riuscire.”
Secondo i
dati in nostro possesso, riportati anche nella lettera, all’esame di terza
media la percentuale dei promossi sfiora il 99 per cento, la metà di loro con
punteggi superiori al 7. Gli stessi dati dimostrano che dopo soli 12 mesi gli
stessi ragazzi ottengono, invece, voti disastrosi alla fine della prima
superiore, soprattutto nei tecnici e nei professionali. Qual è il suo commento
a riguardo?
“Secondo le
semplicistiche (e non disinteressate) conclusioni degli estensori della
lettera, la responsabilità ricade tutta intera sui docenti delle superiori, ma ovviamente
il problema dell’alto numero di bocciature nelle prime classi, in particolare
negli istituti tecnici e professionali, è un po’ più complesso. Sottolineerei
soprattutto due questioni, che sono state molte volte al centro delle
iniziative del Gruppo di Firenze. La prima
riporta, per contrasto, al discorso di Obama: come è noto, negli ultimi decenni
una parte maggioritaria della cultura pedagogica italiana e gli indirizzi del
Ministero, con rarissime eccezioni, hanno provveduto a cancellare l’idea che il
successo scolastico, quello vero, non può prescindere dall’impegno degli
interessati e dalla fatica che spesso comporta misurarsi con le
difficoltà e i limiti che ciascuno di noi si trova inevitabilmente ad
affrontare. Si sente spesso ripetere che “la bocciatura è sempre un
fallimento della scuola”, con il duplice risultato di colpevolizzare gli
insegnanti e di azzerare la responsabilità del discente. Ma l’educazione
all’impegno e alla responsabilità dovrebbe stare alla base di ogni percorso
didattico e formativo. Il poco credibile 99% di promozioni all’esame di terza
media è figlio anche di questo.
C’è una
seconda questione che penalizza il nostro sistema scolastico e produce la
maggior parte delle bocciature e degli abbandoni nella secondaria superiore. È
la questione dell’istruzione professionale, che a partire dai primi anni
Novanta e infine con la riforma Gelmini ha subito un continuo processo di
licealizzazione, per il pregiudizio tutto ideologico che vede nella cultura
“disinteressata” l’unico possibile strumento di compensazione delle
disuguaglianze culturali e sociali. Il bel
risultato che si è ottenuto è che gli istituti professionali continuano
ad essere considerati delle scuole di serie B, mentre i ragazzi che per
attitudini e interessi potrebbero ottenere gratificazioni e risultati positivi
in una scuola più orientata al fare, si scontrano con una pletora di materie
teoriche e con un numero risibile di ore di laboratorio. E molti di loro
naturalmente finiscono per fallire”.
A suo
avviso si intravedono soluzioni intelligenti per governare questo fenomeno? Il
Gruppo di Firenze cosa proporrebbe?
“Per quanto
dicevo poco fa occorre prima di tutto una riforma dell’istruzione professionale
che ne ridefinisca in modo coerente l’identità e il curriculum. In un recente
convegno a Firenze, a cui hanno partecipato il Sottosegretario Toccafondi e
l’Assessore Regionale all’istruzione Bobbio, abbiamo indicato come prospettiva
l’unificazione di istruzione e formazione professionale, secondo un modello in
qualche modo affine, anche se non uguale, a quello sperimentato in Trentino,
che oltretutto costituirebbe una semplificazione e una razionalizzazione del
sistema. Nell’immediato
bisogna quanto meno rimettere mano al curriculum degli istituti professionali,
rivedendo completamente fin dal primo biennio l’equilibrio tra le discipline
teoriche e quelle professionali, in modo da corrispondere davvero alle
aspettative e ai talenti dei ragazzi che si iscrivono a questo percorso di
istruzione. È indispensabile però anche una forte battaglia culturale perché
l’istruzione/formazione professionale abbia il prestigio che ha in altri
paesi europei, prima fra tutti la Germania, dove oltretutto questo canale
scolastico è in grado di garantire una qualificata occupazione alla quasi
totalità degli studenti”.
A quanto
pare, nell’ambito del Ddl “La Buona Scuola” si sta discutendo della possibilità
di legare la valutazione dei presidi alla loro capacità di incidere
positivamente sulla dispersione scolastica. Questo non potrebbe portare
all’equazione meno bocciati = più soldi alle scuole? Come si fa a combattere la
dispersione senza inaugurare una nuova stagione del 6, o del 7, politico?
“Occorre
certamente una piena responsabilizzazione di dirigenti e insegnanti, il che
significa anche una seria attività di indirizzo e soprattutto di controllo,
tanto dell’operato degli insegnanti da parte dei dirigenti che di quello dei
dirigenti da parte del Ministero e dei suoi organi periferici. Nella mia
esperienza la maggior parte dei dirigenti scolastici preferisce far finta di
nulla o si limita a provvedimenti molto blandi di fronte a inadempienze o
scorrettezze anche gravi di qualche docente, anche se è vero che gli strumenti
a disposizione sono inadeguati. L’idea di dare
più risorse alle scuole che bocciano meno è ovviamente una sciocchezza e
sospetto che non sia una sciocchezza in buona fede, dato che, come Lei
giustamente osserva, sarebbe un incentivo per incrementare le
finte promozioni, che già oggi non sono poche. La dispersione, oltre che con
quanto abbiamo detto in tema di indirizzi di studio, si combatte con una scuola
più seria, che abbia veramente come obiettivo quello di fornire soprattutto a
chi parte con uno svantaggio sociale e culturale (“i capaci e meritevoli, anche
se privi di mezzi”) gli strumenti per affermarsi.
Quanto alla
valutazione, abbiamo detto in molte sedi che la priorità non è premiare gli
insegnanti più bravi, ma poter intervenire efficacemente nel caso di docenti
palesemente inadeguati o che tengono comportamenti in contrasto con i
propri doveri professionali. Si tratta certamente di una ridotta minoranza, ma
i loro studenti ne sono gravemente danneggiati”.