Intanto è terminato il nostro minisondaggio con i seguenti risultati:
Sì al maestro unico: 54%
Sì nei primi due anni: 11%
No: 33%
per la scuola del merito e della responsabilità
Intanto è terminato il nostro minisondaggio con i seguenti risultati:
"Sono destituite di fondamento le notizie di stampa secondo cui con una sola insufficienza d’ora in poi gli alunni delle scuole primarie (elementari) e secondarie di primo grado (medie) verranno bocciati. Il Decreto Legge 137 prevede sì che occorra il 6 in ogni materia per essere promossi, ma questa non è una novità per la nostra scuola, perché, anche quando non vi era il voto, occorreva raggiungere la sufficienza in tutte le discipline di studio per non essere bocciati. Ma in quei casi l’eventuale bocciatura non era automatica, perché in presenza di insufficienze la decisione finale spettava al consiglio di classe. La situazione di eventuali insufficienze allo scrutinio finale, dunque, verrà risolta come già avviene oggi dalla decisione del consiglio di classe che considererà il livello complessivo di apprendimento e la maturità raggiunta dallo studente. L’intera materia della valutazione troverà, comunque, chiarimento definitivo a breve con il previsto regolamento."
Di fronte agli emendamenti e alle rimostranze dell'opposizione, a quanto pare Mariastella Gelmini si è limitata a dire che "gli insegnanti avranno buon senso nell'applicare la norma in questione". Questo buon senso, però, non potrà che esplicarsi nell'occultare valanghe di insufficienze, arma della più pura tradizione buonista, che ha tra l'altro la conseguenza di rendere radicalmente inattendibili le valutazioni nel loro complesso e quindi inutilizzabili ai fini di una seria analisi della situazione. A sua volta questo porterà acqua al mulino di chi (non del tutto a torto) vuole appaltare le valutazioni che contano a enti esterni alla scuola.
Infine due segnalazioni: l'amara riflessione di un insegnante sull'articolo di Michele Serra Il mondo facile della politica format (vedi nota di ieri) e un'intervista a Giorgio Israel su "Sussidiario.net".
“ItaliaOggi”, in un articolo intitolato Il maestro unico è un po’ confuso, evidenzia le ambiguità e le contraddizioni presenti nell’ articolo 4 del decreto 1 settembre 2008, quello appunto dedicato all’insegnante unico nella scuola primaria. Si tratta di chiarire una cosetta da niente e cioè se per le scuole si tratta di un obbligo o di una facoltà (e in quest’ultimo caso la mobilitazione in corso sarebbe del tutto inutile).
Ma, aggiungiamo noi, non scherza neppure l’articolo 3, quello che ai commi 1 e 2 prevede la valutazione in decimi (cioè con i voti) nella scuola primaria e nella secondaria di secondo grado. Il terzo comma, infatti, sembra proprio stabilire che per essere ammessi all’anno successivo bisogna avere la sufficienza “in ciascuna disciplina o gruppo di discipline” (quest’ultima dizione dovrebbe riferirsi alla primaria). A parte il sospetto che si tratti di una svista, visto che della novità (ed è grossa) non fa cenno neppure l’introduzione del decreto, che si fa se l’insufficienza invece c’è, visto che in questi ordini di scuola non sono previsti né debiti né recupero dei medesimi? Insomma un po’ più di ponderatezza non avrebbe guastato neppure qui e avrebbe reso più autorevole l’intervento di un ministro che giustissimamente si è schierato per una scuola più esigente e rigorosa.
Ultima tappa, l’articolo 5, quello sui libri di testo, che recita non limpidamente: “i competenti organi scolastici adottano libri di testo in relazione ai quali l'editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio”. Perché non si dice più chiaramente “per cinque anni”? A quale quinquennio ci si riferisce? Anche questo andrà chiarito.
Da segnalare sul “Riformista” l’intervento di Claudia Mancina, già parlamentare DS ed esperta di scuola, che si sottrae al clima da articolo 18. Per la questione della scuola elementare “ci sono argomenti pedagogici a favore dell’una e dell’altra opzione”, ma è giusto riqualificare la scuola pubblica “in base a princìpi quali il merito, la responsabilità, l’autonomia e la valutazione. Sono princìpi che il PD dovrebbe condividere”.
Niente infine rappresenta meglio il vuoto di riflessione sull’etica professionale che caratterizza la scuola italiana della forme di lotta scelte da molte scuole elementari, che non hanno scrupoli a coinvolgere i bambini nella loro protesta, arrivando addirittura a farli accogliere dalle maestre vestite a lutto... (leggi).
(GR)
Riproduciamo qui sotto gran parte dell'articolo, che comunque si può leggere integralmente sul sito della Gilda degli Insegnanti.
di Fulvio Cuizza
Molti critici a corto di argomenti e i cronisti un po’ approssimativi parlano volentieri di “ritorno al passato” a proposito dei provvedimenti del Ministro Gelmini. Si sa che sui giornali e nella polemica politica non si va per il sottile; ma nella realtà effettuale della storia e della vita il puro e semplice tornare indietro non è previsto. Come sempre, dobbiamo rielaborare le esperienze passate senza cassarle e senza rimanerne prigionieri. Quindi non si tratta di cancellare il ’68, ma di conservarne per l’essenziale le conquiste, depurandolo però dalle troppe fesserie a cui ha dato linfa, in altre parole di mettere fine, con grave ritardo, al sessantottismo, una malattia tardo-adolescenziale che ha fatto più danni della grandine. Possiamo quindi riscoprire l’importanza dell’autorità nell’educazione, intesa come funzione di guida necessaria per la crescita, già presente nell’etimo (da augēre, far crescere). E si può meglio comprendere che la fermezza, forse la più necessaria caratteristica dell’autorità, non si oppone alla vicinanza affettiva, ma la valorizza, impedendo che degeneri nell’incapacità di prendere decisioni giuste per il bene dei figli o degli allievi. Si sottolinea l’importanza della “condotta” e della necessità di sanzionare i comportamenti scorretti, ma non per “reprimere il dissenso” o “cacciare i ragazzi vivaci dalla scuola”, come paranoicamente vaneggia qualcuno, né in nome di un’acritica e supina obbedienza; al contrario, solo in un clima di rispetto reciproco - come esige la democrazia - tutti (insegnanti e allievi) si possono esprimere e lavorare al meglio. Si può riparlare finalmente di “serietà” della scuola, non per evocare plumbee atmosfere e rigide gerarchie, ma consapevoli che si tratta, secondo la bella definizione del Dizionario di Tullio De Mauro, della “qualità di chi agisce con responsabilità, con correttezza, con capacità e volontà di assolvere i propri doveri e gli impegni assunti”. E se alla responsabilità si vuole affiancare il merito, non è certo per rilanciare il darwinismo sociale, dimenticando i limiti e anche il classismo della scuola di un tempo, ma per spronare tutti a valorizzare con l’impegno i propri talenti, creando allo stesso tempo maggiori possibilità di farlo attraverso una più ampia scelta di indirizzi formativi. In quello che è stato forse il più bell’articolo sull’argomento pubblicato in questo periodo, Sergio Givone concludeva: “Solo una scuola basata sul merito può rendere possibile lo sviluppo di una democrazia non soltanto formale. Solo una democrazia può rendere possibile una scuola basata sul merito.”(Nasce il partito del merito, 25 marzo 2008).
(GR)